Bollati Boringhieri, 2012. Titolo originale: The Buddha in the Attic. Traduzione di Silvia Pareschi.
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La mia prima recensione riguarda un libro letto per caso - spesso sono i migliori - quest'estate, soltanto perché l'offerta del giorno di Amazon lo dava in supersconto a uno o due euro. Ne sono rimasta folgorata.
Bello, bellissimo questo romanzo sulle donne giapponesi spose per procura dei loro connazionali emigrati in america. le navi cariche di promesse spose attraversano l'oceano e consegnano le donne a una vita molto diversa da quella che avevano immaginato. Le fatiche, gli stenti, il razzismo, l'evoluzione delle vite sono tratte da ricerche storiografiche dell'autrice: sono storie vere insomma.
La narrazione in un'inedita prima persona plurale, un noi anonimo e potente, rende il tono quasi ipnotico, un unico grande flusso con mille rivoli. Bellissimo, e tradotto benissimo da Silvia Pareschi.
(Breve divagazione: sempre quest'estate mi sono resa conto che molti dei libri che ho amato sono tradotti da Silvia Pareschi (qui il suo blog), e ho imparato a cercare il suo nome anche prima di quello dell'autore).
Il titolo in originale è diverso rispetto alla sua traduzione: The Buddha in the Attic (il Buddha in soffitta, da una scena dell'ultima pagina *NON è uno spoiler*) è diventato in italiano Venivamo tutte per mare, frase d'esordio del romanzo. E' una delle rare volte in cui la diffusa abitudine di modificare il titolo di un libro ha prodotto un risultato migliore in traduzione che nell'originale: Venivamo tutte per mare è già poesia, è già epica sommessa, è il cuore del libro in quattro parole.
*Da leggere perché:
- la storia è forte, vera e poco conosciuta
- lo stile, con quella prima persona plurale gestita con grande maestria, è inedito e potente
- è tradotto in modo meraviglioso *
Grazie!
RispondiEliminaMa grazie a te! il tuo è il primo commento, il blog non poteva cominciare meglio
EliminaBene, allora sarò anche la prima follower :-)
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